Giro dell’Appennino e la Guardia, la magia di un debutto
La nostra storia comincia con un’inquadratura a campo totale, che in gergo cinematografico sta a significare una ripresa che pone l’attenzione sul paesaggio in cui si svolge l’azione.
Bene, nella nostra narrazione la lente della macchina da presa è orientata verso un monte. Ha un mantello verde scurissimo che gli copre le spalle, e un santuario poggiato sulla vetta, come il cappello di un mago che veglia silente su ciò che lo circonda. Andando ad approfondire dettagli di trama, potremmo scoprire che questa cima si chiama Monte Figogna, Fighêugna in dialetto.
Se lo dovesse descrivere un geologo, vi parlerebbe della sua composizione di due tipi di rocce metamorfiche, i metabasalti, molto più dure rispetto a quelle che compongono i monti circostanti, e questo spiega la sua statura.
Se lo dovesse descrivere un cattolico devoto, vi racconterebbe del faticoso pellegrinaggio che ha affrontato parecchie volte nella sua vita per arrivare al Santuario della “Guardia”. E uno storico preciserebbe che questo soprannome deriva da un’antica funzione di postazione d’avamposto per segnalare l’arrivo di nemici della Repubblica di Genova.
Sulla piazza antistante il santuario c’è una costruzione simile ad una piccola Stonehenge, dove sono posizionate delle lastre in bronzo raffiguranti punti cardinali e siti di interesse, con indicata la direzione verso la quale bisogna rivolgersi per poterli scorgere; nelle giornate più terse, da lì è possibile ammirare la punta della Corsica o il Monte Rosa. Come se quel punto preciso fosse una bussola per chi si è perso e ha bisogno di ritrovare la via da perseguire.
La nostra storia non ha scene successive da mostrare, poiché deve essere ancora in gran parte scritta. Infatti, lungo i tornanti che portano al Monte Figogna, scorreranno leggere le ruote del gruppo di omini in bicicletta con il dorsale sulla schiena il prossimo 24 giugno.
Il Giro dell’Appennino, orfano della sua storica ascesa al Passo della Bocchetta, il suo santuario a cielo aperto, ha scelto un altro luogo per consacrarsi. Un nuovo cammino spirituale per la corsa nata in Val Polcevera, sulle orme del Giro d’Italia 2007, che in cima al Monte Figogna aveva tracciato la linea di arrivo di una delle sue tappe.
La Guardia per i genovesi ha un significato particolare. Anche per chi non è solito andare a messa, anche per chi non è praticante cattolico. Chiunque salga sin lassù si sente circondato da un’atmosfera che se non è magia, le assomiglia molto. Per me, significa domenica in famiglia. La focaccia per pranzo e le bancarelle, i nonni e il presepe permanente con gli antichi mestieri di una volta.
Ed è stato il primo arrivo in salita della mia vita legata al ciclismo, in quel caldo giorno di maggio in cui vidi la Maglia Rosa di Marco Pinotti passare a pochi centimetri dai miei piedi. Pinotti, che da quel giorno, è la mia Maglia Rosa per sempre.
Per il Giro dell’Appennino sarà diverso. Non ci sarà arrivo in quota, non salirà dal versante tradizionale, che verrà invece affrontato in discesa. Sarà, in ogni caso, come ritornare piccoli per un momento, in cima a quella montagna di roccia metamorfica, dalla storia che spazia tra il mistico e il profano; sarà ancora, ma in maniera diversa, quella sensazione che somiglia alla magia. E che forse, per quel che riguarda il ciclismo, non sarà solo somiglianza, ma magia vera e propria.
Fonte foto: visitgenoa